Gli europei di calcio 2012 e il patriottismo

Gli europei di calcio 2012 e il patriottismo

Come tutti sanno, almeno quelli che non vivono nelle caverne, in Polonia e Ucraina si stanno svolgendo gli europei di calcio UEFA 2012. Per molti popoli, e certamente anche per gli italiani, gli europei come i mondiali, o le olimpiadi sono un momento di riscoperta del sentimento patriottico.

Ci ha colpito in particolare in questi giorni un articolo di Anita Czupryn. L’autrice, oltre a parlare degli effetti benefici degli europei sui polacchi per quanto concerne l’abbattimento degli stereotipi e un nascente amore per il multiculturalismo (almeno secondo lei), si sofferma sul rapporto tra i polacchi e il patriottismo.

La parte per noi più rilevante è l’intervista ad un abitante della cittadina di Legionowo (sede della squadra greca):

Per lui il nostro patriottismo non è più “riservato” a una sola categoria sociale. «Finora il patriottismo polacco era visto in modo univoco: quando qualcuno si mostrava con una bandiera per strada era subito sospettato di appartenere al PiS [Destra e giustizia, il partito conservatore di opposizione]. Quando ho partecipato alla marcia [dominata dai movimenti nazionalisti] dell’11 novembre [festa dell’indipendenza], ho sentito degli hooligans gridare: ‘Il patriottismo deve fare male!’. Ma gli europei hanno mostrato che il patriottismo può anche rendere felici e farsi vedere con una bandiera non è più fuori moda».

Questo passaggio mi ha fatto ricordare ancora una volta, e non è la prima quest’anno, una conferenza che il professor Giorgio Anselmi, allora segretario del Movimento Federalista Europeo fece a Parma alcuni anni fa.

In un passaggio del suo discorso si soffermo sulla questione del patriottismo, dicendo che noi federalisti avremmo dovuto analizzare meglio questo concetto.

Se è indubbio infatti che il nazionalismo è fonte di disgrazie ben note, d’altro canto equipararlo all’amore per la propria terra e all’orgoglio di appartenere ad un determinato paese sembrerebbe essere sbagliato.

Senza avere la pretesa di risolvere una questione ancora ad oggi molto dibattuta, cercherò di fare qualche riflessione in merito grazie ad alcuni passaggi di testi federalisti.

Il Saint-Simon così scrive nel suo saggio sulla riorganizzazione della società europea del 18141:

Ogni uomo, in qualsiasi paese sia nato e di qualunque Stato sia cittadino, contrae sempre attraverso l’educazione, le amicizie e attraverso gli esempi che gli si offrono innanzi, alcune abitudini più o meno profonde di spingere lo sguardo al di là dei limiti del proprio benessere personale e di confondere il proprio interesse nell’interesse della società di cui è membro.

Risultato di questa abitudine, rafforzata e trasformata in sentimento, è una tendenza a generalizzare i propri interessi, cioè il vederli sempre racchiusi e compresi nell’interesse comune: questa inclinazione, che talvolta si fa debole ma giammai si annulla, costituisce ciò che si chiama il patriottismo.

In ogni governo nazionale, se è buono, il patriottismo che ogni individuo reca in esso nell’istante in cui ne diviene membro, si cambia in spirito o volontà di corpo, essendo l’attributo necessario di un buon governo appunto questo, che l’interesse dei governi sia ad un tempo anche l’interesse della nazione.

Questa volontà di corpo costituisce l’anima del governo, fa sì che tutte le nazioni vi sono unite e concertati tutti i movimenti, che tutto cammini verso un medesimo scopo e tutto risponda al medesimo impulso.

Come per i governi nazionali, lo stesso avviene per il governo europeo: non può agire senza una volontà comune a tutti i suoi membri.

Ora, questa volontà di corpo che, in un governo nazionale, nasce dal patriottismo nazionale, nel governo europeo può provenire solo da una maggiore generalità di opinioni, da un sentimento più esteso che si può chiamare il patriottismo europeo.

E’ l’istituto che forma gli uomini, dice Montesquieu; così, questa inclinazione che fa uscire il patriottismo fuori dei confini della patria, questa abitudine a considerare gli interessi dell’Europa, in luogo di quelli nazionali, sarà per coloro che devono formare il parlamento europeo un frutto necessario del suo realizzarsi”.

Il Saint-Simon non vede dunque il patriottismo come qualcosa di essenzialmente negativo, ma crede solamente che esso debba essere allargato ad una sfera più ampia rispetto ai confini nazionali.

Lo stesso Churchill si chiese più di 100 anni dopo:

[…]perché non dovrebbe esistere un raggruppamento europeo nel quale i popoli sparsi di questo grande continente possano condividere un sentimento di patriottismo più ampio e una cittadinanza comune?”2

Habermas ha cercato di arrivare a questo scopo tramite il concetto di “patriottismo costituzionale” almeno per quanto riguarda l’Europa.

Questa nozione permette di concepire una nuova forma di identità collettiva, che non viene più legata a valori etnici, o culturali nel senso delle tradizioni, o in ogni caso a valori in qualche modo chiusi, ma che trova il suo senso nell’adesione ai principi politici universali incarnati dalla costituzione del paese di cui si è cittadini. Una forma di identità aperta, quindi, e adeguata alla realtà di società multietniche in rapida evoluzione; e soprattutto fondata sulla condivisione di principi universali”. 3

Secondo questi autori, quindi, il patriottismo nazionale non sarebbe un male in sé, andrebbe solamente “allargato”.

Mario Albertini, come scrive Nicoletta Mosconi, d’altro canto espresse un parere più complesso in quanto:

[…] è arbitrario ed errato distinguere tra «sentimento nazionale, che equivarrebbe ad un bonario patriottismo disarmato, e nazionalismo, che sarebbe soltanto cieca volontà di potenza e di dominazione», e sostenere che il nazionalismo è la negazione del sentimento nazionale. In realtà «sono proprio le nazioni che sprigionano il nazionalismo. Quando una nazione esiste, e non è semplicemente un proposito o una speranza, ha esistenza come Stato. La sua condotta — vale a dire il comportamento della classe politica che lo governa — deve perciò sottostare alla legge della ragion di Stato che esclude mistiche fratellanze internazionali, stabilisce fra gli Stati la dura realtà dei rapporti di forza, e comporta pertanto il continuo tentativo di aumentare la propria e diminuire l’altrui potenza».La prioritaria esigenza della sicurezza dello Stato, in definitiva, «converte l’ipotetico sentimento nazionale, come puro amore della propria nazione in un mondo di nazioni amiche, in nazionalismo»” 4.

Dunque non è possibile fare semplicemente una distinzione tra patriottismo buono, o cattivo, ma bisogna considerare il sistema internazionale nel suo complesso. Il nazionalismo non è l’aberrazione del sentimento nazionale, ma è insito nel concetto stesso di nazione come concepito nel quadro attuale del sistema degli stati sovrani in perenne competizione tra loro.

Anche una letteratura non necessariamente federalista, pur considerando distinto il patriottismo dal nazionalismo, ha riconosciuto che uno può in particolari circostanze portare all’altro (Druckman 1994) 5 .

Altri hanno cercato di distinguere il patriottismo in due forme: uno “cieco”, definito come l’attaccamento ad un paese in modo acritico e insofferente alle prediche esterne (Schatz et al. 1999 6, Parker 2010 7); e uno “costruttivo” aperto alle critiche e più incline alla riflessione della situazione del paese (Schatz et al. 1999).

Il primo dei due porta al nazionalismo. Il secondo no.

Il problema è che sia i governi tramite certe dichiarazioni insensate, sia un certo modo di fare informazione da parte di alcuni mass-media rievocano stereotipi che in momenti di difficoltà e di competizione portano inevitabilmente a chiusure e a un patriottismo cieco e, quindi, al nazionalismo.

Dato l’attuale sistema internazionale degli stati-nazione sovrani descritto da Albertini queste situazioni sono piuttosto frequenti…

La crisi economica attuale e la ribalta di partiti nazionalisti e euro-scettici mostrano bene la dinamica di questi processi.

Dobbiamo dunque condannare senza appello il patriottismo espresso durante questi europei di calcio perché possibile fonte di nazionalismo?

La risposta, almeno secondo me, è no. Il patriottismo costruttivo può essere un fatto positivo. Tuttavia il sistema attuale di relazioni tra gli stati-nazione deve necessariamente cambiare altrimenti i governi nazionali avranno gioco facile a cambiare questo nobile sentimento in uno strumento distruttivo.

Per facilitare questo cambiamento sono necessarie a mio parere due cose.

La prima è un’informazione migliore sulle problematiche che affliggono l’Europa e il mondo nel suo complesso e che senza una condivisione delle sovranità non verranno risolte.

La seconda è un’insieme di programmi e eventi (anche sportivi why not?) che aiutino a superare gli stereotipi.

Luca Alfieri

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